Archivio mensile:agosto 2008

Mark Haddon, Una cosa da nulla – 2006

 

Padre, madre, figlio, figlia, fidanzati, mariti, nipoti, amanti. Possono sembrare troppo personaggi per un romanzo solo, ma Haddon sa scrivere, sa alternare situazioni, caratteri e psicologie evitando la confusione e la cacofonia.

È il classico romanzo in cui in ogni personaggio si rivede un po’ di se stessi, dei propri familiari, degli amici, una storia in cui si capiscono i percorsi logici che ci portano a decidere di buttarci nel baratro, di aggirarlo, di saltarlo al modo di Thelma e Louise. Qualcuno è pietrificato dalle difficoltà, dalle paure, dalla novità, per altri sono la spinta per vivere, per altri ancora sono l’unico modo in cui si sa vivere.

È una narrazione veloce, ricca e divertente, cinica, così cinica da risultare a tratti liberatoria, quando Haddon riesce a farci riflettere su che quel pensiero che ci circola in testa e che non esprimiamo per cortesia, per educazione, perché dobbiamo essere politically correct.

Avvicinandomi alla fine ho provato un sentimento per me molto raro, correre per il carico di curiosità e frenare per il dispiacere di arrivare a pagina 358.

Una cosa da nulla non è sorprendente e originale come la prima opera (Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, un libro che non può mancare nella vostra libreria e che sto rileggendo), viaggia su un piano differente, non quello della diversità e del disagio come risorsa, ma su quello del capovolgimento della normalità comunemente condivisa e accettata, per arrivare ad una anormale-normalità.

 

I capitoli brevi (144) e la mole complessiva (358 pagine), la capacità di farci riflettere profondamente ma in modo piacevolmente leggero, ne fanno il romanzo ideale per qualsiasi momento (vacanza lunga o breve, i classici dieci minuti la sera prima di spegnere la luce, tragitto breve…)

Lottare

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minguzzi 

Mi sembrava giusto e doverosa pubblicare queste immagini dell’oro di Andrea Minguzzi nella lotta greco romana, per onorare i tanto vilipesi sport minori

Ricascarci

 Ligabue Verona

Ho il biglietto per il concerto del 1 ottobre, ultima data

Guarirò mai da questa malattia?

Coloro?

Fin da piccola ho avuto un capello bianco solitario circa a metà strada fra orecchio e vertice. Se ne stava lì solo soletto, bastava strapparlo quando diventava invadente e per vari mesi restava buono, nascosto insieme agli altri pigmentati.

Quando una decina di anni fa il mio fu fidanzato pensò bene di darsela a gambe, mi ritrovai improvvisamente sola, con alcuni chili di meno e vari capelli bianchi in più.

Il tempo ha risolto i primi due problemi e peggiorato il terzo.

Perché i capelli bianchi sono arrivati tutti ‘là’, ad accompagnare il solitario, ed ora formano una ciocca, non proprio modello Crudelia Demon, però insomma… a seconda di come girano i capelli, gli ammutinati si fanno notare (tant’è che per esempio l’implacabile nipote ha osservato che ho i capelli bianchi, e se ho i capelli bianchi allora sono vecchia. Il sillogismo dei ragazzini non perdona).

Per ora sarebbe sufficiente lo schiarimento naturale del sole e del mare, ma quando mai? Oppure uno shampoo ad hoc.

 

E questo è il punto.

Coloro? Non coloro?

Io sarei per non colorare, non capendo cosa ci sia di antiestetico nell’avere i capelli che imbiancano, credo faccia parte dell’invecchiare e del saper invecchiare. Solo che un conto è quando si parla di altre teste, un altro è quando in ballo c’è la mia. Solo che ogni volta che vado dal parrucchiere (cioè due-tre volte l’anno, non è che sia poi questo gran stress) mi sento la solita domanda Allora che facciamo con questa ciocca? Facciamo dei bei colpi di luce? Uno shampoo riflessante?

Io tengo botta, perché mi sembrano soldi sprecati, perché odio la ricrescita, perché non voglio diventare schiava del colore.

 

In cerca di opinioni, ieri ho chiesto al mio consorte:

Hai visto la ciocca? Mi sembra sempre più grande…

Ma no

Cosa faccio, i colpi di sole e la copro?

No!

Perché?

… Perché sei bellissima così

OK.

Diciamo che ho un po’ barato. Nel senso che gli ho fatto la classica domanda a bruciapelo, mentre, davanti alla TV, guardava le ultime notizie di calcio-mercato sull’Inter.

 

Capisco che il quesito possa destare un certo motivato interesse, ma suvvia, siamo pur sempre in estate: che si apra il dibattito!

Nessuna speranza

 

A ogni Olimpiade parte immancabile il tormentone degli sport minori, che acquistano visibilità ogni quattro anni e poi ingiustamente scompaiono. Contestualmente i giornalisti esprimono il loro meglio ricordandoci gli sforzi e le privazioni che affrontano gli atleti, le rinunce, le ore in piscina, in palestra, sulle piste.

 

Però…

Però qualche giorno fa la partita di calcio Italia-Corea è andata in differita, essendo stata data priorità alla finale di fioretto femminile, vinta da Valentina Vezzali.

Qualche idiota del calcio deve aver fatto sentire la propria voce, perché oggi l’inutile e noiosa partita dell’Italia è andata rigorosamente in diretta. Certo, non è che uno possa sapere prima dell’incontro se la partita sarà noiosa o entusiasmante, ma se l’Italia è già qualificata e deve solo non perdere per evitare Argentina e Brasile, allora qualche sospetto dovrebbe sorgere.

I fiorettisti italiani in gara oggi hanno pensato bene di non arrivare in finale (cioè dopo Italia-Camerun), ma solo fino a quella per il terzo posto, cioè durante il secondo tempo della nazionale.

Nel dubbio, quegli idioti geniali della Rai hanno trasmesso l’incontro in cui Salvatore Sanzo ha vinto il bronzo così:

sanzo

 

Obiettivamente la scherma non è facile da capire, ma per fortuna in basso nel teleschermo il numero delle stoccate è sempre aggiornato.

Nota bene: lo spazio occupato dal calcio copriva completamente il punteggio dello schermidore italiano.

Scusate se è poco

 vezzali d

3 ori consecutivi (l’ultimo, al cardiopalma, pochi minuti fa) e 1 argento olimpici individuali

2 ori olimpici a squadre

5 ori, 2 argenti e 2 bronzi mondiali individuali

5 ori e 1 argento mondiali a squadre

3 ori, 1 argento e 1 bronzo europei individuali

2 ori, 1 argento e 1 bronzo europei a squadre

10 Coppe del Mondo

61 vittorie in Coppa del Mondo

11 anni al primo posto nel ranking mondiale

11 titoli italiani

2 Universiadi

1 Giochi del Mediterraneo

Finchè c’è lei, le altre possono anche stare a casa.

In natura

Gli atomi o le molecole del gas sono liberi di muoversi assumendo ciascuno una certa velocità: le particelle atomiche o molecolari del gas quindi interagiscono urtandosi continuamente l’un l’altra. Per questo un gas non ha un volume definito ma tende ad occupare tutto lo spazio a sua disposizione, e assume la forma del contenitore che lo contiene, riempiendolo completamente.

cholo in libreria

Anche Cholo

Sam Savage, Firmino – 2006 Einaudi

 

Ho acquistato questo libro conquistata dalla copertina e dal commento di Alessandro Baricco Firmino, il topo che Walt Disney avrebbe inventato se solo fosse stato Borges. Se leggere è il vostro piacere e il vostro destino, questo libro è stato scritto per voi.

Per inquadrare il personaggio Firmino è un ratto, il tredicesimo di una nidiata; come noto le ratte hanno dodici capezzoli.

Vive in una libreria e, perennemente dilaniato dai morsi della fame, comincia a rosicchiare le pagine dei libri, perché Se si ha davvero fame, si mangia di tutto. Ma la sua vita è destinata a un’inaspettata svolta: All’inizio mangiavo lasciandomi guidare solo e soltanto dal gusto, rosicchiando e masticando dimentico. Ma ben presto cominciai a leggere, qua e là, lungo i bordi dei miei pasti e, con il passare del tempo, quanto più leggevo tanto meno masticavo finché, in ultimo, presi a dedicare quasi tutte le ore della veglia alla lettura, masticando solo nei ritagli di tempo. Oh, come mi rammaricai di tutti quei buchi spaventosi! In alcuni casi, quando non c’erano altre copie disponibili, dovetti attendere anni per colmare le lacune. Non ne vado fiero.

Le prime 25 pagine sono fantastiche, pagine in cui ogni amante della lettura legge se stesso, ripercorrendo il proprio percorso di avvicinamento, innamoramento, conoscenza, dipendenza.

Poi, mi ha colto un’insostenibile noia, di quelle che mi portano al limite dell’abbandono, ma quando sono finalmente arrivata alle ultime 20 sono stata contenta di non averlo chiuso prematuramente.

Il finale (nonostante due verbi coniugati al plurale con soggetto singolare e un anacoluto, il tutto in 11 righe della stessa pagina) contiene, insieme, il sollievo e il dispiacere per aver abbandonato o terminato un romanzo. Davvero molto abile.

 

Nota a margine Ieri ho divorato le prime 60 pagine di un romanzo che, se rispetta le attese, farà del suo autore uno di quelli di cui compro tutto. Uno che nella prima pagina descrive le conseguenze della morte di un amico in questo modo: Certo, era troppo presto. Bob aveva sessantun anni. e sarebbe stata dura per Susan e i ragazzi, anche se Susan sarebbe rifiorita, ora che poteva finire le frasi da sé.

2 agosto 1980 

2 agosto 1980

Antonella Ceci anni 19 anni

Angela Marino 23 anni

Leo Luca Marino  24 anni

Domenica Marino  26 anni

Errica Frigerio in Diomede Fresa  57 anni

Vito Diomede Fresa  62 anni

Cesare Francesco Diomede Fresa  14 anni

Anna Maria Bosio in Mauri  28 anni

Carlo Mauri  32 anni

Luca Mauri  6 anni

Eckhardt Mader  14 anni

Margret Rohrs in Mader  39 anni

Kai Mader  8 anni

Sonia Burri  7 anni

Patrizia Messineo  18 anni

Silvana Serravalli in Barbera  34 anni

Manuela Gallon  11 anni

Natalia Agostini in Gallon  40 anni

Marina Antonella Trolese  16 anni

Anna Maria Salvagnini in Trolese  51 anni

Roberto De Marchi  21 anni

Elisabetta Manea vedova De Marchi  60 anni

Eleonora Geraci in Vaccaro  46 anni

Vittorio Vaccaro  24 anni

Velia Carli in Lauro  50 anni

Salvatore Lauro  57 anni

Paolo Zecchi  23 anni

Viviana Bugamelli in Zecchi  23 anni

Catherine Helen Mitchell  22 anni

John Andrew Kolpinski  22 anni

Angela Fresu  3 anni

Maria Fresu  24 anni

Loredana Molina in Sacrati  44 anni

Angelica Tarsi  72 anni

Katia Bertasi  34 anni

Mirella Fornasari  36 anni

Euridia Bergianti  49 anni

Nilla Natali  25 anni

Franca Dall’Olio  20 anni

Rita Verde  23 anni

Flavia Casadei  18 anni

Giuseppe Patruno  18 anni

Rossella Marceddu  19 anni

Davide Caprioli  20 anni

Vito Ales  20 anni

Iwao Sekiguchi  20 anni

Brigitte Drouhard  21 anni

Roberto Procelli  21 anni

Mauro Alganon  22 anni

Maria Angela Marangon  22 anni

Verdiana Bivona  22 anni

Francesco Gomez Martinez  23 anni

Mauro Di Vittorio  24 anni

Sergio Secci  24 anni

Roberto Gaiola  25 anni

Angelo Priore  26 anni

Onofrio Zappala’  27 anni

Pio Carmine Remollino  31 anni

Gaetano Roda  31 anni

Antonino Di Paola  32 anni

Mirco Castellaro  33 anni

Nazzareno Basso  33 anni

Vincenzo Petteni  34 anni

Salvatore Seminara  34 anni

Carla Gozzi  36 anni

Umberto Lugli  38 anni

Fausto Venturi  38 anni

Argeo Bonora  42 anni

Francesco Betti  44 anni

Mario Sica  44 anni

Pier Francesco Laurenti  44 anni

Paolino Bianchi  50 anni

Vincenzina Sala in Zanetti  50 anni

Berta Ebner  50 anni

Vincenzo Lanconelli  51 anni

Lina Ferretti in Mannocci  53 anni

Romeo Ruozi  54 anni

Amorveno Marzagalli  54 anni

Antonio Francesco Lascala  56 anni

Rosina Barbaro in Montani  58 anni

Irene Breton in Boudouban  61 anni

Pietro Galassi  66 anni

Lidia Olla in Cardillo  67 anni

Maria Idria Avati  80 anni

Antonio Montanari  86 anni

2 agosto 1980

Nick Hornby, Tutto per una ragazza – 2007

 

 In seconda di copertina questo bel romanzo viene definito “romanzo di formazione”.

Non sono molto d’accordo, la mia idea di romanzo di formazione è quella di un percorso per tappe. La storia procede invece per salti spaziali e temporali, in cui Sam passa dai suoi quasi 16 anni a 18, vivendo esperienze in fondo alle quali intravede la sua personale momentanea soluzione.

Chiudo questa sterile e inutile polemica; il romanzo invece è davvero divertente e utile.

Io che faccio fatica a ricordare come fossi a quell’età e che mi chiedo che cosa passi per la testa di mio nipote quando ci guarda tutti quanti come se fossimo degli extraterrestri, ho trovato in Tutto per una ragazza se non risposte almeno un aiuto per guardare il mondo con gli occhi di Sam, con un’altra prospettiva,.

Sam è figlio di genitori separati, vive tutte le difficoltà di incomunicabilità di un quindicenne, l’incertezza del futuro che si comincia a percepire a quell’età, il rapporto problematico con l’altro sesso; sua madre è rimasta incinta a 16 anni, Sam si trova a rivivere l’esperienza della madre, in modo drammatico, paralizzante, sconvolgente ed esilarante (esilarante nel senso che i viaggiatori accanto a me in treno mostravano un certo malcelato imbarazzo alle mie improvvise risate). Sam si rivolge in prima persona al lettore, che non può osservare la storia da fuori, è obbligato a un coinvolgimento, a una riflessione più profonda.

 

È un romanzo che scorre via veloce (non è indicato per chi parte in vacanza, si legge troppo velocemente), ben scritto, dove manca il peggior difetto che trovo in molte opere di Hornby: quello di partire con i fuochi d’artificio e spegnersi. Il libro, come dire, “tiene”, e anche il finale riesce ad avere una sua originalità.

 

Qualche volta, ascoltare mamma e papà era come essere uno spettatore allo stadio quando si corrono i diecimila metri alle Olimpiadi. Quelli continuano a girare, girare, e a ogni giro c’è un breve momento in cui passano proprio davanti a te e ti trovi vicinissimo a loro. Ma poi spariscono di nuovo dietro la curva e li hai persi. Quando papà si era messo a parlare (…), era stato come se avesse scavalcato le transenne della pista per venire dritto verso di me. Ma poi si era distratto e aveva ripreso la gara.

 

L’età non è un concetto ben definito, puoi raccontarti che hai diciassette anni, o quindici, o quel che vuoi, e magari è anche vero, all’anagrafe. Ma la verità anagrafica è solo un aspetto della questione. Posso dire per esperienza che è un continuo sbandare da una parte all’altra. Si possono avere diciassette, quindici, nove e cent’anni lo stesso giorno. (…) Il sesso dovrebbe farti sentire più grande, non più piccolo. A meno che tu non sia già grande, immagino. Perché allora potrebbe essere il contrario. Capite in che senso si sbanda da una parte all’altra?

 

Nota a margine: ho abbandonato l’idea di passare questo romanzo a mio nipote sedicenne, perché ho percepito, nel finale, una specie di de-responsabilizzazione di Sam, quasi la certezza che una soluzione si trovi sempre e comunque, come che tutto si possa fare con una certa leggerezza. Qualcuno l’ha letto e mi sa dare un’opinione in merito?